martedì 21 novembre 2006

Signore e signori, Miguel Sebastián!


Era stato nominato candidato del Psoe a sindaco di Madrid a conclusione di uno psicodramma che aveva attraversato il Psoe.
Per contrastare l’attuale sindaco del Pp, il fortissimo Alberto Ruiz-Gallardón, si era fatto prima il nome della vice-presidente del governo, María Teresa Fernández de la Vega; poi per giorni è rimasta pendente la richiesta ufficiale di Zapatero a José Bono - ex ministro della difesa e avversario sconfitto nella corsa alla segreteria del congresso del 2000 – che dopo aver detto nì, si è deciso per il no; alla fine Zapatero lo ha spinto nell’arena presentandolo personalmente.
Ma da allora Miguel Sebastián - 49 anni, il consigliere economico più vicino a Zapatero nella segreteria e nel governo - non si era ancora manifestato al mondo nelle sue vesti di candidato, attirando le ironie della stampa di centro destra sul «candidato invisibile», predestinato alla sconfitta.
Sebastián ha atteso l’investitura ufficiale dell’esecutivo del Partito socialista madrileno, avvenuta sabato scorso, per iniziare la sua corsa alla carica di primo cittadino della capitale, con un intervista alla radio Cadena Ser.
Attaccando sui temi economici, «il debito di Madrid cresce di 60 euro al secondo», e sulle grandi opere che flagellano la capitale, «con Gallardón i lavori non finiranno mai».
Ne ha di strada da fare il candidato del Psoe, ex direttore del Servizio studi del BBVA e professore dell’Università Complutense di Madrid.
Gallardón, ex presidente della Comunità autonoma di Madrid, il distretto della capitale, e dal 1999 sindaco della città, non sembra avere rivali.
Il tutto è un cruccio enorme per il Psoe, che ha sfaccettature inattese.
Conquistare Madrid sarebbe un grande risultato ma vorrebbe anche dire indebolire Gallardón nel Pp. L’attuale sindaco di Madrid rappresenta la punta di diamante di quei dirigenti del Pp che scalpitano per sostituire la vecchia guardia di Aznar che ancora domina il partito. Un avvicendamento per Zapatero necessario. Per attuare il programma di riforme e il dialogo con l’Eta, il governo ha assolutamente bisogno che il Pp sia un interlocutore attendibile che si misura con questi temi con senso dello Stato. Una sconfitta di Gallardón, rafforzerebbe gli aznaristi. Una sua vittoria, non gli impedirebbe, nel caso di una seconda grave sconfitta del Pp nelle elezioni del 2008, di muovere l’attacco alla segreteria del Pp.
La sconfitta annunciata sarebbe quindi un male sopportabile nel medio periodo per Zapatero. Posto che tutto vada come deve andare, che il dialogo con l’Eta non diventi un boomerang e che il Pp non tiri fuori un asso dalla manica – come la candidatura di Rodrigo Rato, ex ministro economico e attuale direttore dell’Fmi – per le prossime elezioni generali.

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