Anche la revisione al rialzo del patto antiterrorismo sfocia in un nulla di fatto, sotto il fuoco incrociato di Pnv e Pp.
Non è andato lontano il rilancio di Zapatero, a seguito della bomba dell'Eta che, assieme alle vite di Diego Armando Estacio e Carlos Antonio Palate e al parcheggio del Terminal 4 dell'aeroporto di Barajas, ha distrutto anche il tentativo di dialogo.
Non c'era del resto da aspettarsi soluzioni diverse: il Pp non aveva nessuna intenzione di cambiare le sue posizioni e accettare un nuovo patto voleva dire abbandonare il vecchio, che rappresentava la sponda istituzionale di un comportamento politico che di istituzionale ha ben poco; né il Psoe aveva fatto nulla per costruire realmente le condizioni per proporre un nuovo patto ai partiti politici spagnoli.
Quello che colpisce, semmai, è che Pnv e Pp non abbiano rinunciato a giocare il loro ruolo da "battitori liberi". In particolare i nazionalisti cattolici baschi, che hanno posto condizioni campate in aria, come la revoca della Ley de partidos, levando dalle spalle del Pp il peso di essere l'unico partito a impedire l'accordo.
Le dinamiche basche hanno percorsi propri. La bomba del T4 fa esplodere le contraddizioni anche in seno a Batasuna, il partito della sinistra indipendentista messo fuori legge dalla Ley del partidos perché ritenuto braccio politico dell'Eta.
Otegi, il leader di Batsuna (ma è ancora così?), non ha condannato l'attentato, cancellando la possibilità di un ritorno alla legalità del partito per le prossime amministrative basche. Il Pnv, che negli utlimi anni ha accentuato il suo indipendentismo anche per pescare voti nel serbatoio della sinistra radicale che non ha più un referente elettorale, vuole continuare su questa strada e quindi propone di abbandonare tout court la Ley, tanto non se ne fa nulla, strizzando l'occhio agli elettori penalizzati dalla legge.
Elettori che si sono espressi nel voto al Partito comunista delle terre basche, formazione che si presenta da anni ma che ha sfondato nelle utlime amministrative proponendosi come espressione dell'elettorato di Batasuna, e della quale, dal canto suo, il Pp ha chiesto la messa fuori legge come condizione per discutere il nuovo patto. Altra richiesta irricevibile.
Malgrado zapatero abbia lanciato il nuovo patto solo come mossa difensiva - buttandolo in faccia al Pp, con mossa tardiva e un po' indispettita, più che facendo una proposta concreta - il problema principale della democrazia spagnola davanti all'Eta risiede proprio nella mancata unità delle forze democratiche davanti al terrorismo e al radicalismo politico indipendentista, come il tentativo di dialogo di Zapatero ha dimostrato.
Senza unità non si dialoga con un gruppo terrorista separatista. Nessun governo è in grado di sostenere una trattativa con il maggiore partito dell'opposizione contro.
Il patto antiterrorismo è effettivamente morto. Perché non adeguato ai tempi. Il testo esclude qualsiasi dialogo con l'Eta, e già questo basta per renderlo inattuale. Ma è superato perché discende da un periodo politico concluso: aveva un senso nel 2000, quando esprimeva il patto tra i partiti "costituzionalisti" (Pp e Psoe), funzionale alla costruzione di un rifiuto di massa del terrorismo nel Paese basco, all'isolamento delle posizioni indipendentiste e alla risposta alla tattica del Pnv, pronto a accelerare sulle sue posizioni indipendentiste per consolidare il suo potere. Ora non l'ha più.
Adesso, per andare avanti, occorrerebbe un nuovo patto tra tutti i partiti che rifiutano la violenza come strumento politico e riconoscono la Costituzione.
Oppure, meglio, nessun patto.
Piuttosto che questo Patto ormai continuamente tradito e inadeguato ai tempi, cui si aggrappa ormai solo il Pp per nobilitare le sue posizioni, meglio che i partiti siano responsabili nel parlamento e nelle urne delle proprie scelte.
Visualizzazione post con etichetta zapatero. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta zapatero. Mostra tutti i post
mercoledì 17 gennaio 2007
martedì 16 gennaio 2007
Tra Zapatero e Rajoy nessuna distensione
Zapatero ha riferito alle Cortes sulla rottura del cessate il fuoco da parte dell’Eta.


Già di per sé si è trattato di evento irrituale: per la prima volta il presidente del governo viene chiamato a rendere conto davanti al parlamento della sua politica sul terrorismo - il che dà la misura della collaborazione istituzionale tra maggioranza e opposizione. In più, la giornata parlamentare ha sancito la definitiva rottura tra Pp e Psoe.
Nel suo intervento Zapatero ha espresso le condoglianze per le vittime; si è scusato per l’ottimismo manifestato nel discorso del 29 dicembre (stiamo meglio di un anno fa e tra un anno staremo meglio, disse a proposito del Processo di pace e il giorno dopo avvenne l’attentato); ha sottolineato di aver agito rispettando la legge e il mandato espressogli dal parlamento; ha dato all’Eta tutta la responsabilità della rottura del processo di pace; ha proposto un nuovo patto antiterriorismo, allargato a tutti i partiti democratici.
Qualche abilità oratoria, come la ripetizione quasi letterale di alcune frasi prese dal discorso di Aznar in occasione della rottura della tregua del ’98; qualche frecciatina al Pp che non ha dato il suo appoggio.
Non ha però detto gran che su quali basi poggerebbe un nuovo eventuale patto, anche se ha aperto esplicitamente al Pnv.
Dal canto suo Rajoy non ha recesso di un millimetro, anzi.
Nessuna trattativa con l’Eta è possibile; il governo è stato imprudente, frivolo, irresponsabile; quale affidabilità possono avere le proposte che vengono da Zapatero, le sue analisi? Poi ha messo nero su bianco ciò che il Pp aveva solo insinuato finora, ma che ha guidato il partito in questi mesi: «Se non compie quello che chiedono i terroristi, metteranno le bombe; se non ci sono bombe è perché ha ceduto».
Durante le repliche le accuse reciproche si sono fatte anche più dure e alla fine, malgrado l’appoggio di tutti gli altri gruppi alla politica del governo, la frattura resta intatta. Né la disponibilità di Rajoy a partecipare agli incontri nei quali verrà proposto il nuovo patto antiterrorista, inverte la corrente: sulle basi di questo scontro politico nessun accordo è possibile.
Quello che Zapatero non ha detto è che la lezione da trarre è che nessuna trattativa coll'Eta può essere iniziata in mancanza di un accordo tra i due maggiori partiti.
Avrebbe voluto dire delegittimare il percorso portato avanti finora, nella convinzione che il Pp si sarebbe prima o poi aggregato al processo: andare avanti, aspettando il momento.
Con l'Eta come interlocutore, questo non è possibile.
[foto (efe da El Mundo: 1) Mariano Rajoy; 2) J.L. Rodriguez Zapatero; 3) Acebes e Rajoy ascoltano Zapatero; 4) Zapatero ascolta Rajoy]


Già di per sé si è trattato di evento irrituale: per la prima volta il presidente del governo viene chiamato a rendere conto davanti al parlamento della sua politica sul terrorismo - il che dà la misura della collaborazione istituzionale tra maggioranza e opposizione. In più, la giornata parlamentare ha sancito la definitiva rottura tra Pp e Psoe.

Qualche abilità oratoria, come la ripetizione quasi letterale di alcune frasi prese dal discorso di Aznar in occasione della rottura della tregua del ’98; qualche frecciatina al Pp che non ha dato il suo appoggio.
Non ha però detto gran che su quali basi poggerebbe un nuovo eventuale patto, anche se ha aperto esplicitamente al Pnv.

Nessuna trattativa con l’Eta è possibile; il governo è stato imprudente, frivolo, irresponsabile; quale affidabilità possono avere le proposte che vengono da Zapatero, le sue analisi? Poi ha messo nero su bianco ciò che il Pp aveva solo insinuato finora, ma che ha guidato il partito in questi mesi: «Se non compie quello che chiedono i terroristi, metteranno le bombe; se non ci sono bombe è perché ha ceduto».
Durante le repliche le accuse reciproche si sono fatte anche più dure e alla fine, malgrado l’appoggio di tutti gli altri gruppi alla politica del governo, la frattura resta intatta. Né la disponibilità di Rajoy a partecipare agli incontri nei quali verrà proposto il nuovo patto antiterrorista, inverte la corrente: sulle basi di questo scontro politico nessun accordo è possibile.
Quello che Zapatero non ha detto è che la lezione da trarre è che nessuna trattativa coll'Eta può essere iniziata in mancanza di un accordo tra i due maggiori partiti.
Avrebbe voluto dire delegittimare il percorso portato avanti finora, nella convinzione che il Pp si sarebbe prima o poi aggregato al processo: andare avanti, aspettando il momento.
Con l'Eta come interlocutore, questo non è possibile.
[foto (efe da El Mundo: 1) Mariano Rajoy; 2) J.L. Rodriguez Zapatero; 3) Acebes e Rajoy ascoltano Zapatero; 4) Zapatero ascolta Rajoy]
Etichette:
politica,
processo di pace,
rajoy,
terrorismo,
zapatero
domenica 17 dicembre 2006
A Zap duole il chip


1. Il software libero
Dopo il progetto di legge sulla memoria storica, le decisioni sull’insegnamento della religione nelle scuole e l’accordo sul finanziamento della chiesa (delle quali ci occupiamo prossimamente) il governo Zapatero apre un’altra frattura con il suo elettorato di sinistra, in particolare quello più giovane. Motivo del contendere è la proposta non di legge sul software libero presentata dal Psoe e approvata il 12/12 dal Congresso, praticamente all’unanimità.
La proposta parte con le migliori intenzioni: la necessità di stabilire politiche che favoriscano in Spagna lo sviluppo del Software libero e del codice aperto per quelle necessità alle quali attualmente risponde solo il software proprietario.
Già quest'ultima è un'affermazione decisamente poco fondata, ma è il risultato complessivo che, secondo i critici, va in direzione opposta.

Un confronto tra i due testi, effettivamente disarmante, è reperibile in un post di Ignacio Escolar pubblicato sul blog dei blogger de El País.

Psoe e Parlamento vengono accusati di non aver guardato all’esperienza della Extremadura, prima Autonomia spagnola, peraltro a guida socialista, ad abbracciare il software libero col progetto Linex.
Inoltre, un anno fa giunse in Parlamento una iniziativa a favore del software libero presentata da Izquierda Unida e da alcuni partiti nazionalisti che venne bocciata dal Psoe perché affermava un principio di esclusività, vietando l’uso di SW proprietario nella pubblica amministrazione.

Sostituire l’obbligo con misure concrete per il suo sviluppo sarebbe stato sufficiente, secondo i critici; come pure accoglierne il principio che il SW creato per le PP.AA. e pagato con denaro pubblico debba essere rilasciato con licenza che ne consenta il pubblico dominio.
Ciò non è avvenuto, con grande sollievo dei padroni del SW.
Iscriviti a:
Post (Atom)