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lunedì 12 marzo 2007

Le vite di Agustí Centelles, fotografo

Vale solo questa di foto per dire di Agustí Centelles, che nel 1936, poco prima o poco dopo dell’inizio della rivolta militare, sorprendeva nei giochi dei bambini tutta la tragedia della guerra.

Non sparando con fucili giocattolo, non lanciando bombe d'acqua, non gridando alla carica! Solo la follia in cui sprofonda la Spagna, perfettamente espressa da un atto assolutamnete antieroico (ancora una fucilazione nell’arte spagnola).

Centelles ha fotografato la sua Barcellona, e le persone, le spiagge e le colonie, le manifestazioni operaie, il fronte e le battaglie. E i risultati di quell’innovazione nella tecnica di guerra che è il bombardamento a tappeto delle città, sperimentato per le prime volte sulle città spagnole da tedeschi e italiani (che tanto successo ha avuto dalla seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri).
Case, scuole, piazze, spazi urbani che, lontani dalle linee, erano fin allora luoghi ragionevolmente sicuri, divennero tombe.

Dopo la vittoria dei militari fugge in Francia, dove viene internato nei campi della vergogna che accoglievano i repubblicani sconfitti, poi in Messico. Riuscedo lasciare in salvo, nascosto con astuzia, il suo archivio che i franchisti volevano distruggere, vivendo da esule fino al ritorno, vivo ancora il dittatore, nella sua Barcellona.

E ricominciando a lavorare, nella pubblicità, con campagne anche molto «pop», come quella dei Chupa Chups, il lecca lecca spagnolo che ha conquistato il mondo, da poco in mani italiane (qui una in stile reportage, ma c'è un bouquet di lecca lecca meraviglioso e coloratissimo).

La mostra è:
Centelles. Les vides d'un fotògraf, 1909-1985.
(Centelles. Le vite di un fotografo)
Fino al 19 marzo, 3,5 euri. Palau de la Virreina, La Rambla, 99.

[foto: Niños jugando a la guerra (1936), © Agustí Centelles, VEGAP, Valencia 2004, presa da Centro Virtual Cervantestes; Chupa Chups, 1976 presa dalla www.bcn.es]

venerdì 5 gennaio 2007

Un artista non c'è più

È morto ieri, 4 gennaio, a 90 anni, Carles Fontserè.

Pittore, scenografo, editore e fotografo catalano, Fontserè fu uno dei maestri della cartellonistica repubblicana durante la guerra civile spagnola (1936-39).
Come tutti i conflitti, oltre che di uomini e armi fu anche guerra di comunicazione. Senza televisione furono i giornali, la radio (storiche le trasmissioni di Dolores Ibarruri, la Pasionaria) e i manifesti a fare propaganda e informazione.

Fontserè aveva 20 anni quando le truppe golpiste si sollevarono contro il legittimo governo repubblicano, con l’appoggio della germania nazista e dell’Italia fascista. Fu uno dei fondatori del sindacato dei disegnatori professionisti a Barcelona, combattente nelle Brigate internazionali nella Battaglia dell’Ebro, protagonista di quel gruppo di artisti libertari, socialisti e comunisti che si impegnò nel conflitto per la difesa della Repubblica, con le matite e col fucile.

Un suo interessanissimo articolo in castigliano riguardo a quell’esperienza, analizzata dal punto di vista tecnico e storico, è reperibile sul sito della Sociedad Benéfica de Historiadores Aficionados y Creadores (dal quale sono tratte anche le immagini a corredo di questo post).


Suo il famoso manifesto Libertat!, nel quale un contadino alzava la falce al cielo con sullo sfondo il vessillo anarchico, che divenne un archetipo del genere.
Con la sconfitta della Repubblica, fuggì in Francia, passando dai campi di concentramento in cui venivano ammassati gli esuli spagnoli, poi in Messico, infine negli Usa, fino al suo ritorno in patria con la democrazia.



[immagini: 1) Barcelona PSU-UGT, 140 x 100; 2) Barcelona POUM, 140 x 100; 3) Barcelona FAI, 140 x 100; 4) Barcelona CNT-FAI, 100 x 70; tutti del 1936]